
La segretaria del Pd, Elly Schlein, e Stefano Bonaccini, fondatore. di Energia popolare
Dopo la débâcle referendaria ci mancava il terzo mandato. Siccome però le disgrazie non vengono mai da sole, proprio questo è lo scenario che si profila per il campo largo di centrosinistra: la possibilità che la maggioranza di governo acconsenta al terzo mandato per i governatori delle Regioni per consentire non solo a Luca Zaia di confermarsi alla guida del feudo veneto blindato, ma anche a Vincenzo De Luca di ricandidarsi alla guida della Campania a scapito della sfida dell’ex presidente pentastellato della Camera Roberto Fico, già da mesi in campagna elettorale col beneplacito di 5 Stelle, Pd, Avs e soci; coi centristi di Italia viva e Azione che invece non si aspettavano tale regalo dopo aver rivendicato a profitto del proprio "riformismo" la scarsa partecipazione alla consultazione referendaria.
"Cloroformizzare il dibattito", è dunque il mandato che sta per risuonare al Nazareno, dove comunque si ragione dell’Assemblea nazionale di "chiarimento" evocata sin dalla divisione del gruppo europeo sul piano di riarmo e che potrebbe svolgersi tra la fine di giugno e l’inizio di luglio per rilanciare l’azione in vista delle regionali. Che sono già diventate il prossimo traguardo dirimente, considerate anche le voci sulla possibilità che il governo apra inaspettatamente al terzo mandato rispetto a cui il partito di Elly Schlein ha fatto una battaglia di principio, specie rispetto al consenso feudale nella Campania di Vincenzo De Luca e la Puglia di Michele Emiliano.
Goodbye referendum, welcome regionali e dannato terzo mandato dunque. Negli uffici di Pd e 5 stelle non si aspettavano davvero una tale accelerazione. Nonostante Forza Italia non deponga l’obiezione di principio, ormai si viene infatti formando la consapevolezza che questa potrebbe essere la cruna dell’ago della prossima partita delle regionali. Vincere o perdere la Campania, e farlo attraverso la candidatura del 5 Stelle Fico, potrebbe rivelarsi il passaggio dirimente per la tenuta o meno del campo largo in vista della contesa politica alla maggioranza di governo di Giorgia Meloni. E se rimanesse in capo il governatore in carica, Vincenzo De Luca, feudatario dem affiliato alla minoranza riformista e ancor più in conflitto con la leadership nazionale di Schlein, la sfida potrebbe diventare quasi insormontabile per gli alleati del campo largo. A meno di non vincere e spazzare via tutte le incrostazioni, lanciandosi verso il cambiamento che non c’è.
Sta di fatto che il campo largo non è morto, come manda a dire la segretaria del Pd Elly Schlein. E a buon titolo. Non solo per l’impegno profuso più di tutti sul referendum, ma per quello a rimanere baricentro della coalizione. Che rimane il leitmotiv "testardamente unitario" sia della segretaria che pure della minoranza che concorre alla gestione. Per quanto infatti le personalità più intemperante enfatizzino il flop, il partito del Nazareno non può permettersi uno showdown alla vigilia delle regionali. Tantopiù che incombe appunto il rischio che il governo autorizzi il terzo mandato con tutte le conseguenze del caso relative alla Campania, che diventerò la cruna dell’ago in vista delle politiche.
Perciò dovrebbe riunirsi entro la fine del mese una direzione o forse anche essere messa in programma l’attesa assemblea nazionale. Come però rileva chi e ne intende, di certo il dibattito sarà "narcotizzato". Ancora una volta, infatti, il Pd non può permettersi di portare in chiaro le divisioni politiche che salvaguarda in nome del pluralismo interno. E tanti saluti all’alternati al governo Meloni. Anche se vincere o perdere in Campania sarà probabilmente dirimente.
Cosimo Rossi