Roma, 10 giugno 2025 – Dopo lo stallo pre-referendum, governo e maggioranza ripartono. Non uno ma due vertici: nel primo, a Palazzo Chigi, i tre leader con la premier, il sottosegretario Mantovano e i ministri competenti – Nordio, Schillaci, Roccella – parlano di fine vita. Nel secondo, alla Camera, un folto gruppo di ministri e alti ufficiali fanno i conti con il rebus del terzo mandato.

Di questo Tajani, Salvini e Lupi assicurano di non aver discusso, ma pochi credono loro. Sul tavolo peraltro c’era davvero la legge sul fine vita: deve arrivare nell’aula del Senato il 17 luglio, ma un testo condiviso mancava. Ora ci sarà perché sui paletti l’intesa è unanime, tanto più che a promuoverli è il Vaticano: un suicidio assistito come extrema ratio, consentito non dal giudice ma da un comitato etico nazionale (componenti scelti con Dpcm dal governo), possibile solo dopo obbligatorio tentativo con cure palliative a spese del servizio sanitario nazionale. Il passo finale, se i palliativi non fossero sufficienti, non potrebbe essere a carico del Ssn. “Se si parte da qui, si parte bene”, il commento del vicepresidente della Cei, monsignor Francesco Savino. Tradurre in ddl questi principi per la riunione del 17 giugno del comitato ristretto della commissioni Affari sociali e Giustizia non dovrebbe essere difficile: ne è certa pure l’opposizione che, con Alfredo Bazoli (Pd) scongiura il centrodestra di “non imporre al Parlamento l’ennesima forzatura”. Altrimenti, avvertono i capigruppo Francesco Boccia (Pd), Stefano Patuanelli (M5s) e Peppe De Cristofaro (Avs) “siamo pronti a dare battaglia”.
Tra i nodi sul tavolo della maggioranza questo è il più facilmente districabile, tanto che Meloni apre l’incontro scherzando: “Non sono qui per bacchettare nessuno, anzi sono fiera dei miei ministri, in particolare dei vicepremier”. Ben altra musica con il terzo mandato. Infatti i due summit si esercitano in un palleggio alla Jannik Sinner: Montecitorio lancia la palla nel campo di Palazzo Chigi. “A sbrogliare la matassa devono essere i leader”. I quali rilanciano sulla Lega: sia Roberto Calderoli a preparare un proposta subito perché, se la norma va fatta (magari come emendamento al ddl sui comuni con meno di 15mila abitanti) deve arrivare in tempo per le prossime regionali.
E se non ce la si facesse c’è persino chi suggerisce di rinviare le elezioni del prossimo autunno. Tajani si impunta: “Noi restiamo contrari. Pronti a discutere, ma non cambiamo idea posizione”. Noi Moderati dà manforte, con toni meno ultimativi: “Siamo contrari, ma se ne può parlare”, dice Lupi. Il partito che invece si è convinto è FdI: le aperture che hanno permesso di riprendere un dossier che pareva chiuso vengono da lì. I motivi che spingono i tricolori sono parecchi, ma quello che campeggia su tutti ha le fattezze del governatore campano Vincenzo De Luca.
Rimetterlo in campo significherebbe tirare una palla da strike tra i piedi di Elly Schlein. E l’idea piace a Giorgia e i suoi fratelli. Convincere Tajani però sarà un’impresa e ne sono tutti consapevoli. Si aprirà una trattativa in cui finiranno intrecciati temi incandescenti come il terzo mandato, la scelta tra la riforma dell’Irpef e del concordato, lo ius scholae. Tajani considera infatti l’esito disastroso per i proponenti del referendum sulla cittadinanza il miglior viatico per la sua legge. “Cinque anni sono pochi, ci vogliono dieci anni di scuola passati con profitto”.
Lega e FdI interpretano lo stesso referendum in maniera diversa: la prova che la linea dura piace anche a parte del popolo della sinistra. Di ius scholae preferirebbero non sentire parlare. Il vicepremier azzurro non si scompone: “Salvini non è d’accordo? Noi sì. Non è che devo chiedere l’autorizzazione a qualcuno se voglio presentare una legge in Parlamento”. Dichiarazioni bellicose a parte l’ipotesi di una divisione in aula della maggioranza su questi argomenti non è concepibile. Di qui alla pausa estiva i partiti del centrodestra dovranno scegliere tra trovare una quadra rinunciando ciascuno a qualche cosa, o l’immobilismo. Opzione ben poco lusinghiera.