Giovedì 12 Giugno 2025
Gabriele Canè
Libri

Cià cià cià amo’: attenzione, il Trolley ci ascolta

Nel suo nuovo libro Gabriele Canè racconta con ironia i cambiamenti della nostra società. Visti da una valigia (fluida?) con le rotelle

L’“invasione“ dei trolley nella strada di una città immaginata da Gemini

L’“invasione“ dei trolley nella strada di una città immaginata da Gemini

Quando nacqui nessuno ci fece caso. Normale. Ne nascevano in continuazione come me, uno dietro l’altro, tutti uguali. Almeno all’apparenza. Io, però, non ero un trolley come gli altri sfornati a migliaia da una fabbrica cinese, rigirati dalle mani di quelle donne tutte uguali. Loro chiacchieravano e dicevano che l’Italia era piena di ristoranti cinesi, che gli involtini si chiamavano primavera, ma si mangiavano in tutte le stagioni. Insomma mi sarei sentito a casa… Nel ripostiglio di Marco, il mio padrone, c’era da anni una vecchia valigia...

”Ciao, io sono Trolley, che sarebbe maschile, il trolley, ma siccome sono valigia, in realtà mi sento anche femmina. Un po’ uno, un po’ l’altro. Dipende dai giorni, insomma. Fluida. Sinceramente devo ancora decidere...

Sugli scaffali, le scarpe classiche lasciarono presto il posto alle sneakers... dicevano di essere scarpe “da ginnastica” però non servivano per andare in palestra... infatti se chiedevi: "Virgin?", arrossivano e abbassavano gli occhi…

Quando le ruote, nei trolley più moderni, e anche in zaini e valigie, diventarono quattro e rotanti, fu tutto più facile: potevi tenerteli a fianco come un cagnolino... A proposito di cani, in giro ce ne sono tantissimi... l’altro giorno sono passato con le ruote sulle zampe di uno piccolo, piccolo con un collarino rosa pieno di campanellini. Era luglio, ma aveva gli scarponcini rossi perché pare che le previsioni avessero detto che minacciava neve… e ho visto anche un barboncino nero a intermittenza: aveva un collare con una luce bianca che si accendeva e spegneva ogni qualche secondo, così spariva, poi riappariva...

Andando in giro capii che anche il linguaggio stava cambiando. Le parole, ad esempio, erano sempre più corte, persino il Ciao accorciato in “Cia’”. Soprattutto al telefono perché la gente non si saluta più con un “ciao”, appunto, ma con un “Cia’ cia’ cia’ cia’”... e ho capito che se saluti con un solo “ciao” sembra una cosa un po’ freddina, secca. Anche la parola “amore” spesso diventa “amò”, ma è ancora usatissima. Per gli animali, ad esempio: “Dai, amore, muovi le zampe che è verde”. E siccome il marito ha le gambe, era ovvio che la signora in quel caso parlava con il cane... Se poi si sente una donna chiamare qualcuno “amore”, nessun dubbio: non è il compagno. È un’amica...

Piuttosto, ragazzi, avete presente quel rombo lontano, continuo che si sente in città, bene, non sono le macchine, loro sono diventate silenziose, hanno lo stesso motore di un aspirapolvere… il casino che sentiamo lo facciamo noi trolley. Siamo noi, a decine, a centinaia, migliaia, milioni, sui marciapiedi, in strada, un moto perpetuo al seguito di quelli che entrano ed escono da treni, aerei, navi, pullman, case. I turisti, i pendolari, i fuori sede, i viaggiatori per lavoro.. .gli inquilini di alberghi, ostelli, gli ospiti di mister Bienbi...

Se per un attimo si fermassero tutti in una volta in tutti i Paesi, penso che la Terra resterebbe quasi in silenzio. Un mondo Trolley.

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