Lo sherpa e il traffico (incivile) sull’Everest
Ponchia Non si sale 31 volte sulla cima della montagna più alta e pericolosa del mondo per sport. L’ostinazione dello sherpa...

L’alpinista nepalese Kami Rita, 55 anni, è salito ben 31 volte in cima alla montagna più alta del mondo
Ponchia
Non si sale 31 volte sulla cima della montagna più alta e pericolosa del mondo per sport. L’ostinazione dello sherpa nepalese Kami Rita assomiglia piuttosto a una mutazione antropologica: fusione totale fra la roccia e l’uomo. Perché lui è l’Everest. A 55 anni i suoi muscoli hanno fibre granitoidi, il suo cuore porta tracce di fossili marini, scisti e gneiss. E viceversa il tetto del mondo si è impregnato del suo sudore, quando sente il passo avvicinarsi esulta. Kami Rita è il custode di quella cima farcita di cadaveri e anche se aveva ragione Walter Bonatti a dire che nessuno possiede una montagna, le chiavi del paradiso himalayano sono nelle sue tasche. Guardate la sua faccia mangiata dal sole. E poi guardate come si è ridotto l’Everest. Immondizia, ingorghi, code boccheggianti. Puntualmente all’apertura della stagione in centinaia decidono che il momento è arrivato, l’ottomila non può aspettare.
E si mettono in fila nella zona della morte, dove il minimo errore è fatale. Quest’anno un video dell’agenzia Asiana Nepal Treks testimonia il massimo affronto per l’alpinista: il mancato rispetto della precedenza a favore di chi sale. Vale a Macugnaga, forse anche a Roccaraso. Sull’Everest no. Kami Rita non giudica, però ragazzi che figura.