Briganti, benedettini e il centro benessere a tema miele: la Basilicata dal Vulcano al Cielo
Dall’anfiteatro romano alla piccola Assisi, dal vino del Vulture celebrato da Orazio alla cultura albanese dei paesi arbëreshë, con le grotte di tufo che incantarono Pasolini. Piccola regione, grandi tesori

Venosa
Si chiama ‘Dal Vulcano al Cielo’ (percorsi di scoperta del Vulture Melfese) ed è un percorso fatto di turismo, gusto, storie a e accoglienza che racconta il bello e il meglio della Basilicata. Il percorso rientra nel progetto ‘Basilicata Rurale-Rete rurale dell’accoglienza per turisti, viaggiatori, curiosi’.
Museo dei Brigantaggio
Il Museo dei Brigantaggio si trova all’interno di un ex carcere borbonico ma in passato è nato come un monastero, o meglio una grancia (termine che indicava originariamente una struttura edilizia utilizzata per la conservazione del grano e delle sementi). La struttura del 1443 faceva parte del convento di Santa Maria degli Angeli ad Atella (prima Rionero non era un comune autonomo) ed era gestita da un gruppo di monaci - cinque-sei - che la utilizzavano come stoccaggio per il grano. Questo fino all’arrivo di Napoleone, che da ateo la fece chiudere. A lungo è rimasta abbandonata, poi fu trasformata in carcere, ma per reati minori – tipo coloro che rubavano nell’orto del vicino o una gallina – in una sorta di carcere di passaggio (le carceri vere erano a Melfi e Potenza).

Oggi ospita anche mostre temporanee. Tra le sale si scopre come si vestivano i briganti – cappelli a larghe tese ornati di nastri rossi e piume, mantelli di lana con cappuccio, l’immancabile ‘scoppetta’ a doppia canna portata a tracolla da tutti - nella società dei briganti le donne erano quasi al pari degli uomini.
La Basilicata del Vulture è raccontata anche nell’accoglienza fedele alla cultura locale del Relais La Fattoria a Melfi. L’arredamento delle stanze ha un carattere che si fonde con lo stile rustico e contadino del tempo passato. Dalle finestre si può godere della vista della campagna lucana.
Le cantine e i vini
Vale la pena fermarsi in una delle tante cantine scavate nel tufo o aziende vitivinicole del territorio per degustare un bicchiere di Aglianico del Vulture, annoverato fra i più grandi rossi italiani, celebrato già da Orazio. Un nettare di Bacco che, come diceva il poeta, invita alla saggezza.
Tra queste, Cantine del Notaio (a Rionero in Vulture), fondata da Gerardo Giuratrabocchetti e sua moglie Marcella, il 5 ottobre 1998 in occasione del suo 40esimo compleanno, per iniziare “una nuova vita” nel solco di quell’eredità più grande, fatta di valori, lasciatagli dal nonno Gerardo. I nomi dei vini riportano tutti agli atti notarili e quindi ‘Il preliminare’ è il vino d’ingresso bianco. ‘Atto’, ‘Il repertorio’, ‘Firma’ e ‘Il sigillo’ sono i quattro rossi. Poi ‘Rogito’, un rosato. ‘La Stipula’ è invece lo spumante. E ancora ‘Il lascito’, un vino rosso ottenuto da uve 100% di Aglianico del Vulture, la testimonianza del lavoro che Gerardo Giuratrabocchetti vuole lasciare ai posteri.

Una curiosità? Il Lascito 2018 è stato donato nel 2022 dall’allora presidente del Consiglio Mario Draghi a Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, durante un incontro a Palazzo Chigi. All’interno del percorso delle cantine – visibile su prenotazione – si nota anche un presepe animato realizzato partendo da un’idea del titolare e realizzata da un artista locale, Edelmondo Paolella detto Mondino.
I laghi di Monticchio

I laghi di Monticchio sono ai piedi del cratere del Vulture, il vulcano spento, e rappresentano un grande attrattore per il territorio specie nei periodi primaverili ed estivi. Si chiamano il Lago Piccolo e il Lago Grande, sono divisi da un ruscello e appaiono come due gemme che di giorno riflettono i bagliori della natura verdeggiante plasmandosi e confondendosi con essa, di notte danno vita a paesaggi di grande suggestione. Sul più piccolo si specchia l’Abbazia di San Michele, fondata dai Benedettini nel XI secolo su preesistenti grotte scavate nel tufo e abitate dai monaci basiliani, e la Badia di Sant’Ippolito, ora protetta dall’asfalto (un tempo era una grandissima abbazia che dal 1000 al 1500 ha condizionato l’intera area del Vulture.
Il sapore di Ripacandida
Città del miele, del vino e dell’olio, Ripacandida è arroccata su un colle e guarda dall’alto il Monte e il Parco naturale regionale del Vulture, con la sua ricchissima biodiversità, dove si alternano montagne, colline, prati in fiore e fiumi, laghi e fitti boschi. È visitata soprattutto per il suo capolavoro artistico: il santuario di San Donato - noto come la piccola Assisi di Basilicata con i suoi affreschi giotteschi e riconosciuto nel 2010 come monumento messaggero di cultura di pace dall’ Unesco – che incanta per gli affreschi cinquecenteschi, noti come la bibbia di Ripacandida, che rappresentano il ciclo della Genesi, il ciclo Cristologico, il ciclo dei Santi.

Ripacandida è anche “prima città del Miele” e qui c’è il primo centro benessere in Europa - www.honeyspa.org - a tema. Tutto nasce dalla volontà di Franco Rondinella, che negli anni ’90 dette vita alla sua azienda ‘L’Apicoltura Rondinella Franco’ e negli ultimi anni ha deciso di diversificare la sua attività, provando ad affiancare la produzione di molte varietà di miele alla cultura del benessere.
Barile e il cinema
Uno dei paesi arbëreshë della Basilicata. Si caratterizza per le cantine, le grotte scavate nel tufo lavico, realizzate dai primi immigrati albanesi, dove avviene la trasformazione delle uve e la conservazione dell’ottimo Aglianico Doc. In una di queste -le cantine dello Scescio - Pier Paolo Pasolini girò le scene della natività e della strage degli innocenti del film II Vangelo secondo Matteo (era il 1964), selezionando anche alcune comparse tra la popolazione. Oggi costituiscono ‘Il Parco Urbano delle Cantine’. In paese, nella piazza principale, spicca la Fontana dello Steccato, costruita nel 1713, come rivela. L’ epigrafe, sotto il “sindacato” del magnifico Dott. Domenico Prete. Mantiene visibili diverse figure apotropaiche per tenere lontane influenze magiche e maligne: tre teste in pietra lavorata da cui fuoriescono i tubi dell’acqua. Nella parte laterale vi sono due nicchie decorate con astanti vaschette a semicerchio. All’ altezza dei capitelli, spicca un grosso stemma su cui è scolpita l’immagine della Madonna di Costantinopoli con il bambinello, patrona della piccola cittadina arbereshe. Termina, in sommità, con una sporgenza da cui sbucano le cime arrotondate delle quattro colonne portanti.
Le emozioni di Venosa
Poco fuori l’abitato di Venosa s’innalza l’anfiteatro romano: i tremila metri quadri di superficie accoglievano ben diecimila spettatori. Da non perdere l’Incompiuta, in aperta campagna. Il sito già ospitava un tempio pagano, sul quale fu costruita una basilica paleocristiana intorno al V secolo. Nell’anno 1059 la chiesa Antica venne consacrata, mentre l’abbazia adiacente cominciò a sorgere nel 1100. Ma perché il complesso monastico non fu mai completato? Si presume che le condizioni economiche dei benedettini influirono sulla possibilità di proseguire nei lavori. Il colpo d’occhio è straordinario. Qua e là bassorilievi, ornamenti, stele e incisioni. Nel centro storico ci sono molte botteghe artigiane (specie di ceramica, tra cui Muscatiello Ceramiche D’arte) e negozi di specialità tipiche da assaggiare.