
Bruno Vespa
Cominciamo col fare i conti per bene. Il prodotto interno lordo dell’Italia è 2200 miliardi. Nella vecchia classifica delle spese della difesa noi eravamo fermi all’uno e mezzo per cento del Pil, ma avendoci messo dentro le spese della Guardia costiera e altro abbiamo raggiunto il mitico 2 per cento, cioè 44 miliardi all’anno. Gli accordi Nato dell’altro ieri impongono ai Paesi membri di raggiungere il 5 per cento del Pil in dieci anni. Ma di questo 5 per cento, solo il 3,5 è di investimenti in armi. Saranno impiegati soprattutto in sicurezza aerea, visto che oggi non abbiamo niente di paragonabile all’iron dome, la “cupola di ferro” israeliana, che sembrava invincibile e che invece è stata sfondata più d’una volta dai missili iraniani.
Un punto e mezzo si riferisce al dual use, cioè a spese – come la sicurezza cibernetica, la tecnologia satellitare e quella per le telecomunicazioni – utili anche in campo civile. Il tre e mezzo per cento sono 77 miliardi: circa tre miliardi e mezzo in più all’anno considerato che il Pil crescerà, anche se di poco. È una cifra importante ma sostenibile, dice Giorgia Meloni che cerca di prendere contromisure perché questi soldi non pesino sulle spese sociali – così ha assicurato – e non impattino sul rientro dal debito pubblico. Italia e Francia sono favorevoli a finanziare queste spese con gli eurobond. La Germania e i Paesi frugali no, anche se accettano lo scorporo annuale dal deficit. Meloni ha rinviato la partenza degli aumenti al 2027 (quindi al nuovo governo post elettorale) e spera che nella verifica del 2029 qualcosa possa cambiare. La Spagna si è trovata isolata e se è del tutto inelegante la minaccia di Trump di vendicarsi aumentando i dazi a quel Paese (cosa difficile, visto che la trattativa è globale con l’Europa) sarebbe stato molto difficile per Meloni comportarsi come Sanchez, pena un imbarazzante isolamento tra i 32 Paesi dell’Alleanza atlantica. Più utile, speriamo, è il discorso che la presidente del Consiglio ha fatto a Trump sui dazi: caro Donald, se siamo amici lo siamo su tutto, sulle armi e anche sulle tariffe. Quindi cerchiamo di non farci male. Pare che il tycoon abbia condiviso.
Mentre la maggioranza si lecca le ferite dopo la bocciatura della proposta leghista sul terzo mandato, nell’opposizione c’è una spettacolare rincorsa al sorpasso a sinistra. Dimentico dei buoni rapporti con Trump (dall’affettuoso “Giuseppi“ all’impegno di portare le spese militari al 2 per cento del Pil) , Giuseppe Conte sta facendo ogni giorno strappi che lasciano senza copertura Bonelli e Fratoianni, convinti di essere loro l’estrema sinistra dell’opposizione. E il campo largo? Domani è un altro giorno…