Mercoledì 2 Luglio 2025
MATTEO MASSI
Cronaca

Trame, misteri e indagini. Ma la strage di via D’Amelio non è un romanzo

Le stragi in Italia, purtroppo, diventano spesso un romanzo. Escono dalle aule giudiziarie e finiscono per materializzarsi in trame e...

Trame, misteri e indagini. Ma la strage di via D’Amelio non è un romanzo

Roma, 27 giugno 2025 – Le stragi in Italia, purtroppo, diventano spesso un romanzo. Escono dalle aule giudiziarie e finiscono per materializzarsi in trame e intrecci, misteri e colpi di scena. Ma questo – come avrebbe detto Carlo Lucarelli nella sua trasmissione ‘Blu Notte, Misteri d’Italia’ – non è un romanzo.

Il 19 luglio 1992 cinquantatré giorni dopo la strage di Capaci, in via D’Amelio Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta vengono uccisi da un’autobomba. Borsellino in quel periodo di tempo così breve, nemmeno due mesi, è un ‘morto che cammina’. È il primo a sapere che sarà il prossimo. Che dopo Giovanni Falcone verrà ammazzato lui. Ed è proprio quello che avviene.

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Una manifestazione in occasione dell'anniversario delle stragi del 1992 nelle quali furono uccisi dalla mafia i due giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Ombre mai chiarite

Com’è possibile che lo Stato non sia riuscito a proteggere un bersaglio annunciato, l’unico magistrato che con Falcone era riuscito a contrastare il potere di Cosa Nostra? È una domanda così banale che dopo trentatré anni però non ha ancora una risposta. Hanno provato a trovarla diverse inchieste e diversi filoni di un processo (l’ultimo il Borsellino quater) che come unico obiettivo doveva ricostruire che cosa accadde quella domenica pomeriggio in via D’Amelio (e anche nei giorni precedenti) e perché la mafia fosse riuscita a piazzare con estrema facilità un’autobomba a due passi dall’abitazione della madre del magistrato. Invece abbiamo assistito, così come è stato poi accertato anche in sede giudiziale, a un depistaggio. Alle dichiarazioni fasulle del finto pentito Vincenzo Scarantino.

Perquisite tre abitazioni del procuratore Tinebra

Ieri sono state perquisite tre abitazioni di Giovanni Tinebra (deceduto nel 2017), procuratore capo di Caltanissetta, cui furono affidate indagini delle due stragi mafiose del 1992. E di nuovo si è tornato a parlare di logge massoniche e della sparizione dell’agenda rossa. L’agenda in cui Borsellino si appuntava tutto.

Ma quell’agenda rossa – che in questi anni è diventata anche simbolo di un movimento che continua a chiedere giustizia e verità – non c’era. Non è stata trovata nemmeno questa volta. Tra meno di un mese, come ogni anno dal 1993 in poi, a Palermo riprenderanno i cortei e le manifestazioni per ricordare quel tragico 19 luglio 1992. Un rito che rischia di apparire stanco mentre s’invoca giustizia e rimangono tante domande aperte – a iniziare da quella più banale (com’è stato possibile?) – tra nuove indagini e vecchie piste. Ma questo non è un romanzo. Non può esserlo.

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