Roma, 23 giugno 2025 - In un mondo sempre più colpito da pericolose escalation, l’ultima quella tra Israele e Iran con il coinvolgimento degli Stati Uniti, diventa automatico pensare a cosa potrebbe succedere in uno scenario da 'guerra totale' che coinvolgerebbe anche l'Italia e i suoi civili. Come funziona la chiamata alle armi?
Al momento, l'ipotesi che il conflitto tra Russia e Ucraina, o quello tra Israele, Stati Uniti e Iran, si allarghino ad altre nazioni è piuttosto remoto, ma ci sono già diverse leggi che regolamentano l'eventuale ingresso dell'Italia in guerra.

Da chi arriva la chiamata
A chiedere lo stato di mobilitazione generale deve essere il governo, con il via libera del parlamento entro 48 ore e un successivo decreto del Presidente della repubblica.
Chi può essere chiamato in guerra
Quindi, cosa accadrebbe? Innanzitutto, sarebbero chiamati in guerra tutti i membri delle forze armate: Esercito, Aeronautica militare, Marina militare, Carabinieri e Guardia di finanza. In caso di necessità, sarebbe poi la volta dei riservisti, ovvero coloro che hanno svolto servizio militare e lo hanno terminato da meno di cinque anni. Gli ex militari possono essere richiamati se hanno meno di 56 anni.
Quando tocca ai civili (anche donne)
Solo dopo questo punto entrerebbero in scena i civili. In altre parole, la 'chiamata alle armi', sancita come dovere sacro dall'articolo 52 della Costituzione, scatta solo qualora tutte le forze precedentemente citate non bastassero alla difesa del Paese. In questo caso, verrebbero arruolati tutti i cittadini e le cittadine tra i 18 e i 45 anni d'età. La legge tutela il posto di lavoro di coloro che sono mandati in guerra, affinché non ci siano licenziamenti e per assicurare il re-inserimento a conflitto finito.
I possibili arruolati e arruolate dovrebbero dunque sottoporsi a una visita medica, che può dare tre esiti: idoneo, ovvero adatto all'essere mandato al fronte; rivedibile, ovvero momentaneamente inadatto e 'rimandato' a una seconda visita; riformato, giudizio dato a quelle persone che non potranno mai essere in grado di svolgere servizio militare.
Di seguito l’articolo 52 della Costituzione:
"La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.
Cosa succede a chi rifiuta
Non è possibile dichiararsi obiettori di coscienza e rifiutare l'arruolamento. Le uniche eccezioni sono la presenza di gravi motivi di salute o una gravidanza in corso. Per tutti gli altri non accettare la chiamata equivale a commettere reato. In gergo si chiama renitenza alla leva, che diventa “obbligatoria” qualora subentri la chiamata firmata dal presidente della Repubblica.
Le conseguenze sono piuttosto gravi. È considerato disertore in guerra colui che non si presenta entro i due giorni successivi all'appuntamento di arruolamento, o che si sia allontanato dal suo posto di assegnazione da almeno 24 ore. La pena è il carcere, con una reclusione commisurata alla gravità della diserzione. Ad esempio, è considerata un'aggravante quella di aver pianificato la fuga insieme ad altri soldati o il disertare per unirsi a un esercito straniero.
Il Codice penale militare di guerra risale al 1941 e prevedeva la pena di morte via fucilazione al petto per coloro che avessero rifiutato le armi. Il testo è stato emendato più volte e 'modernizzato': la pena massima prevista coincide ora con quella del codice penale ordinario, ovvero l'ergastolo.
Va ricordato che, sempre stando alla sua costituzione, l'Italia ripudia la guerra come strumento di aggressione, e che pertanto lo scenario di una chiamata alle armi potrebbe avvenire solo nel caso di un attacco al nostro Paese o a uno Stato membro della Nato.